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La sfida storica che ci attende

A seguito delle recenti decisioni della Commissione Europea, l’Italia è chiamata a definire un grande e coerente programma di riforme e di investimenti, di innovazioni e di semplificazioni, con la indicazione di obiettivi, tempi di realizzazione, scadenze, responsabilità e finanziamenti. I capitoli di cui si discute sono ormai noti, anche perché la Commissione Colao, che ha ricevuto l’incarico di formulare idee e proposte, completato il lavoro, ha pensato fosse meglio comunicarlo alla stampa prima ancora che al Presidente del Consiglio.

Nel testo c’è di tutto, in un ordine in cui, neanche a dirlo, al primo posto figurano le imprese e all’ultimo gli individui (non le persone) e le famiglie. Voglio sperare che dopo il vaglio degli Stati Generali, il Governo, espressione di una coalizione progressista, sappia e voglia compiere scelte più coraggiose e più coerenti con questa sua identità.

Il problema per l’Italia non sarà quello di individuare i campi di intervento ma la sua capacità di attuazione, l’efficienza realizzativa, la tempistica, i rischi della corruzione e delle infiltrazioni delle mafie. Anche perché i soldi non arriveranno a prescindere dal tipo di investimenti. L’UE sarà responsabile dei progetti e ne verificherà fattibilità e stato di attuazione strada facendo. Non si può pensare che con quelle risorse il Governo potrà finanziare qualsiasi cosa.

Ben venga, dunque, una discussione approfondita sul Piano degli interventi e un confronto ampio con le parti sociali e con i settori più avanzati e capaci della società italiana. Ma poi bisognerà decidere nel Governo e in Parla- mento e, soprattutto, bisognerà dimostrare capacità realizzative e di leadership assolutamente straordinarie. L’Italia dispone di un’opportunità senza precedenti per rinnovarsi e per cambiare, una grande occasione di crescita, di superamento di antiche arretratezze e di disuguaglianze consolidate sul piano economico, generazionale e territoriale, che non può essere mancata.

Il compito che ha di fronte il Governo, questo Governo, è dunque senza precedenti ed esige visione, coesione e coerenza. E stabilità politica. Le grandi ammucchiate non servono e neppure le “scorciatoie” dei cosiddetti tecnici.

Di fronte ai problemi venuti al pettine e alle macerie prodotte dalla pandemia, il dialogo con le opposizioni in Parlamento è doveroso e auspicabile, ma senza confusione di ruoli e senza ambiguità. Anche perché lo spettacolo offerto dalla destra all’opposizione a Roma e al Governo in numerose Regioni (dove ha dato una pessima prova di capacità e responsabilità), è sconcertante. Persino strumentalizzando, per ragioni di propaganda politica, la scadenza del 2 giugno, dopo aver disertato o boicottato con ogni mezzo, anche quest’anno, le celebrazioni del 25 aprile.

Detto questo, però, la palla, adesso, passa alla maggioranza di governo, che deve dimostrare di potercela fare. Non saranno le conferenze stampa a ripetizione e neppure le passerelle dei grandi Convegni a creare quel clima di fiducia e di concordia di cui c’è bisogno per alimentare ed accompagnare l’imponente mole di lavoro da fare.

Gli interventi decisi finora hanno riguardato risarcimenti, ammortizzatori e liquidità finanziaria. Erano doverosi e urgenti. Adesso occorre guardare più lontano e alzare lo sguardo. Bisogna costruire le condizioni per avviare la fase della ripartenza, in cui ogni attore possa svolgere al meglio la propria funzione: imprese, famiglie, lavoratori, amministrazione pubblica, Terzo settore. Penso sia utile prendere dal documento della Commissione Colao le proposte meno sfacciatamente di parte e valutare se la squadra dei ministri e dei sottosegretari sia del tutto adeguata per svolgere il compito. Un certo spirito competitivo tra le forze della maggioranza può risultare persino utile per vivacizzare il pluralismo della coalizione e mettere in valore certe differenze; altra cosa sono la litigiosità permanente e l’ostracismo reciproco che bloccano le decisioni, rallentano i tempi, paralizzano il Paese.

Oggi la forza politica che viene considerata, a torto o a ragione, come quella con una più spiccata attitudine alla responsabilità e al Governo è indubbiamente il Pd. Proprio per questo, forse, a questo partito servirebbero un po’ più di coraggio, un ulteriore nuovo innesto di classe dirigente e una più definita e sicura identità politica.

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