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L’alternativa non c’è

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 40 del 26/11/2022

Le parole pronunciate da Giorgia Meloni sulla difesa dei nostri confini dal pericolo dei migranti, segnalano il vero volto ideologico e disumano della destra italiana, in queste prime settimane di Governo del Paese.

Le donne, i bambini e i tanti giovani disperati, bloccati per giorni sulle navi delle ONG, dopo aver affrontato difficoltà e sopportato violenze e sofferenze indicibili, per inseguire un sogno di riscatto e di libertà, non sono una minaccia per l’Italia, non invadono un Paese sovrano per fini di conquista o di annientamento. Cercano, invece, dignità e rispetto, sicurezza per sé e per le proprie famiglie. 

Chiedono il diritto a una vita che non sia disperazione e abbandono. Chiedono una luce di attenzione e di umanità.

E trovano invece un Governo della famigerata civiltà europea che organizza lo sbarco selettivo, che distingue i sani dai malati, che parla di “carico residuale” con il linguaggio del peggior burocratismo da apparato. 

Per la cronaca, dal momento del passaggio di consegne tra Draghi e Meloni, sono stati oltre 9.000 gli sbarchi autorizzati sulle coste italiane. 

Lo sbarramento pregiudiziale si è visto solo contro le Ong e con un finale non proprio in linea con le sparate muscolari dell’inizio. 

Intanto, mentre scriviamo, le reazioni del Governo francese, alle scomposte dichiarazioni dei sovranisti nostrani, non si fanno attendere e viene stracciato l’accordo per l’accoglienza di 3.500 rifugiati ora in Italia. 

Adesso c’è da aspettarsi l’ennesimo richiamo delle autorità di Bruxelles al rispetto del diritto internazionale, della legge del mare e dei trattati europei.

Ma l’importante è segnalare che si fa la “voce grossa”, parlare di ripristino della legalità, indicare nemici verso i quali indirizzare odio e generare paura, drammatizzare episodi significativi per ostentare soluzioni demagogiche e sbrigative. Nella peggiore tradizione di ogni populismo che si rispetti, che genera problemi senza risolverne alcuno.

Sappiamo tutti quali sono le vere priorità degli italiani: il costo della vita, il caro bollette, l’inflazione, il lavoro, la sanità, il calo demografico. 

Ma, intanto, si incendia il Paese con le finte emergenze, provocate apposta per celebrare la propria identità e confermare il proprio elettorato. 

Ecco allora il decreto sul rave party, da molti giudicato incostituzionale, che serviva a nulla, visto che il raduno musicale di Modena si è risolto senza incidenti in 24 ore, grazie all’intervento responsabile e professionale delle autorità e delle istituzioni locali, sulla scorta delle normative esistenti.

Ecco il rientro anticipato in servizio degli operatori sanitari no-vax sospesi, per segnalare il superamento dei principi di responsabilità e solidarietà che avevano ispirato le scelte anti pandemia, dei precedenti Governi di cui pure la Lega e Forza Italia hanno fatto parte.

Ecco l’annuncio sull’aumento del tetto massimo per i pagamenti con denaro contante fino a 5.000 euro e la nuova “rottamazione” (condono) delle cartelle esattoriali, per sancire l’ennesima pace fiscale con gli evasori seriali impenitenti.

Ed infine, il filmato della presidente del Consiglio e la lettera alle scuole del ministro dell’Istruzione e del Merito, realizzati per celebrare la ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino, infarciti di pregiudizio e di ideologia, visto che non fanno alcun cenno al fatto che la stessa data è stata proclamata dalle Nazioni Unite come giornata contro il fascismo e l’antisemitismo. Ancora una volta, un modo per parlare al proprio elettorato, ai gruppi di sostenitori e non all’intero Paese. 

Meloni ha taciuto sulla Resistenza, sulle responsabilità del fascismo e sulla Marcia su Roma, ma su altri argomenti i riflessi della parola sono molto più immediati e taglienti. Insomma, mentre si approva un Documento di economia e finanza sostanzialmente in linea con il Governo-Draghi, per mostrare all’Unione Europea il volto della continuità e della responsabilità euro-atlantica, rimuovendo quasi del tutto le mirabolanti promesse elettorali, si mostra il volto ostile verso i migranti, i poveri, i più fragili.

Ma non bisogna stupirsi dell’ esordio “legge e ordine” della nuova maggioranza di governo. É la destra, quella vera, ideologica, populista, nazionalista. L’abbiamo vista all’opera all’atto dell’insediamento delle Camere, con la nomina dei presidenti dei due rami del Parlamento. Poi abbiamo avuto la conferma delle sue pulsioni identitarie, con le modifiche alla denominazione dei Ministeri e la nomina di Ministri e sottosegretari di una mediocrità sconcertante. In questi giorni é venuto il resto e chissà cosa ancora ci toccherà di vedere. 

Servirebbe un’opposizione forte e coesa, non soltanto capace di contrastare e combattere, ma di proporre alternative convincenti e concrete a ogni passaggio parlamentare e in linea con le istanze avanzate dalla società, dal mondo del lavoro dalle Amministrazioni locali e dal Terzo settore. Un’opposizio-ne unita e capace di risintonizzarsi con il “buon senso” dell’Italia migliore, che attende e chiede da tanto tempo l’avvento di una politica per bene, credibile e con la voglia di operare con responsabilità e autorevolezza. 

Invece, l’opposizione che c’è, con il volto ormai insopportabile delle sue diverse componenti, resta fedele alle maschere indossate in campagna elettorale dai suoi leader, le maschere della divisione, della delegittimazione reciproca e della competizione. Sapevano che dividendosi sarebbe andata a finire così e sapevano che avrebbe stravinto la destra e che si trattava della peggiore destra mai vista al governo. Ma si sono divisi lo stesso, per calcoli di partito e convenienze inconfessabili. E, da come stanno andando le cose, non sembra sia in corso un qualche “ravvedimento operoso”. La lezione non è servita.

Dunque, è probabile che per un po’ di tempo la destra di governo possa contare su questo insperato vantaggio, concesso gratuitamente dal campo degli sconfitti, che sembrano prevalentemente impegnati a danneggiarsi a vicenda per risolvere i problemi al proprio interno, piuttosto che a ricostruire una visione di futuro e un orizzonte di alternativa democratica alla destra.

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