Commentare la situazione politica italiana nel pieno di questa seconda ondata di pandemia non è semplice. Viviamo, infatti, gli effetti di un’emergenza sanitaria forse più grave di quella precedente, di cui non possiamo prevedere né la durata né le conseguenze economico-sociali e che costringe le istituzioni della politica, Governo, Parlamento, Regioni e Autonomie locali, purtroppo, a circoscrivere il proprio raggio d’azione entro il limite temporale delle settimane e dei mesi.
L’incertezza del futuro torna a diffondersi in molti settori dell’economia; la scuola e l’università, appena ripartite dopo il lungo periodo di blocco e riduzione delle attività, sono costrette a rivivere le fatiche della didattica a distanza, aggravate dagli antichi problemi degli spazi, del reclutamento degli insegnanti, delle direzioni vacanti e così via; molte famiglie scivolano verso condizioni di indigenza o di improvviso impoverimento a causa della cassa integrazione o della perdita del lavoro e del reddito necessario per vivere; le città si fermano e tornano deserte; il distanziamento stravolge la vita delle famiglie e delle comunità, pregiudicando le relazioni e mettendo a dura prova i legami tra le generazioni e la stessa coesione sociale.
Il peggio, che nell’estate sembrava alle nostre spalle, torna ad alimentare la paura e lo scoraggiamento. Il lato oscuro della crisi invade il futuro e sembra allontanare ogni prospettiva di rinascita.
I rischi della disgregazione sociale e del collasso di parti importanti del sistema-paese non sono trascurabili, soprattutto nelle aree più fragili e tradizionalmente più arretrate del nostro territorio.
In questo quadro, la politica dovrebbe mostrare il suo volto migliore, quello della responsabilità e del coraggio, della capacità di decidere e di fare le cose che servono per affrontare e risolvere le emergenze sanitarie e sociali e, insieme, alzare lo sguardo per assicurare un futuro al Paese.
Ecco, io penso che sia proprio il rapporto tra politica e futuro il tema più importante del momento, la capacità di indicare le vie oltre i vincoli dell’emergenza e, mentre si fa tutto il possibile per ammortizzare i danni, ristorare, risarcire e sostenere i cittadini e le categorie più colpite dagli effetti nefasti della pandemia, si avviano le scelte per ricostruire e migliorare il Paese.
Il dialogo tra le forze politiche e tra maggioranza e opposizioni in Parlamento è certo importante per definire la cornice dei provvedimenti più significativi in un quadro di concordia istituzionale e di “leale collaborazione” istituzionale, come ha più volte sollecitato il presidente Mattarella. Ma non facciamoci illusioni, è arduo immaginare la costruzione di un clima di dialogo fecondo ai vertici dello Stato con leader come Meloni e Salvini, che vivono esclusivamente sulle barricate della propaganda, della polemica e della speculazione politica.
La responsabilità più esigente, in questo momento, appartiene dunque ai partiti che sostengono il Governo, a cui spetta il compito di assicurare al Paese una guida credibile e sicura, il respiro di un orizzonte, una prospettiva che consenta di intravvedere cosa potrà diventare l’Italia di domani per le prossime generazioni, in Europa e nel mondo.
L’emergenza non può diventare un assoluto che inchioda la politica all’esclusivo presente, perché questo, invece, è il momento di avviare la ripartenza e di progettare il futuro.
Bisognerà metterci molto impegno per compiere le scelte giuste, quelle che potrebbero farci cogliere anche le opportunità di questa crisi, per cambiare in meglio le nostre abitudini, l’organizzazione del lavoro, la mobilità sostenibile, la scuola, il welfare, la cultura, il rapporto con l’ambiente e le relazioni sociali.
Servono soldi, certo, servono tanti soldi per le imprese, per il lavoro, per il sociale, per le famiglie. E serve l’Europa, la sua forza, la sua solidarietà, la capacità di intervento di tutte le sue istituzioni, compresa la Banca Centrale Europea.
Serve l’Europa per sostenere la fiducia, il coraggio e le capacità creative del nostro Paese e degli italiani, per collocare i nostri progetti sui percorsi di un rinascimento sovranazionale e per tenersi alla larga dalle tentazioni nazionaliste e populiste.
E serve il rilancio dell’azione di questo Governo, con una visione e un progetto meno schiacciati sulla cronaca quotidiana, più coraggiosi e autenticamente innovativi, per l’Italia di domani, per dare sostegni alle imprese, sicurezza alle famiglie, fiducia ai lavoratori, speranza ai giovani che hanno voglia di “correre” verso il futuro.
Un Governo in grado di mobilitare e guidare le migliori energie, le competenze e la creatività dell’Italia più capace, dei tanti talenti che operano nell’economia, nella scuola, nella medicina, nella ricerca, nella cultura, nel terzo settore.
Che fine hanno fatto, ad esempio, i progetti elaborati e proposti, nell’estate scorsa, all’attenzione del Presidente del Consiglio nelle consultazioni con le forze sociali e con i vari attori della vita pubblica e di cui non si hanno più tracce? E poi, siamo proprio sicuri che l’attuale squadra di governo sia all’altezza di questo compito? La parola “rimpasto” non mi scandalizza, a condizione però che sancisca un rinnovato patto di legislatura sui contenuti di un programma di governo lungimirante, capace davvero di incidere sui nodi delle tante ingiustizie, delle illegalità, delle disuguaglianze e delle arretratezze che tengono ancora l’Italia ancorata al suo passato e ad un destino di regressione umana, economica e sociale.
Sui contenuti di questa svolta mi piacerebbe vedere al lavoro anche le tante anime di un mondo che un tempo si definiva “cattolicesimo sociale e democratico”, che, anziché impegnare le proprie residue energie per tentare l’ennesima fondazione di un fantomatico “partito cattolico” o nello svolgimento più o meno diligente di funzioni non sempre alimentate da una giusta capacità critica e generativa, potrebbero reinvestire il proprio potenziale di cultura politica e di insediamento popolare in una logica di servizio al paese e alla sua rinascita, anche per raccogliere l’invito ad una nuova capacità profetica della politica lanciato da Papa Francesco con l’Enciclica “Fratelli tutti”, dedicata alla fraternità e all’amicizia sociale.
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