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Storia dei cristiano-sociali. Il sogno cattolico della sinistra

La Repubblica, 14 novembre 2019

Il saggio di Carlo Felice Casula, Claudio Sardo e Mimmo Lucà

Quella dei cristiano-sociali italiani è una storia breve, ma oggi più illuminante di ieri. Nasce nel 1993 dall’addensarsi organizzato di componenti del cattolicesimo politico, che la Dc aveva inutilmente cercato di usare come carburante ideologico dopo l`assassinio di Moro.

Nel 1981 l`assemblea degli “esterni” di De Mita aveva avuto l`umiltà e l`audacia di cercare in altri mondi le idee che mancavano al partito delle preferenze e le passioni sopite nel partito delle correnti. Si era rivolta al mondo del sindacalismo cattolico, nutrito dell`utopia di un laburismo cristiano, al mondo intellettuale che si era formato negli anni del concilio, pur diviso sull`idea che la politicizzazione della fede fosse il destino del cattolicesimo italiano, all`associazionismo che ancora aveva i piedi per terra. Ma il tentativo demitiano di dializzare la Dc fallì e nacque il pentapartito, che avvitava riforme, lisciava il pelo ai vizi più noti e generava debito pubblico ignaro del suo destino: la caduta del Muro di Berlino avrebbe travolto (quasi) tutti nel 1989.

Questo fu il brodo di coltura dei cristiano-sociali, alla cui storia è dedicato il volume “Da credenti nella sinistra” di Carlo Felice Casula (il Mulino) con saggi di Claudio Sardo, Mimmo Lucà e prefazione di Romano Prodi.

Per chi veniva dalla Cisl e dalle Acli, dalla Lega democratica e dal Regno, dalla lettura della Giungla retributiva di Ermanno Gorrieri e dalla partecipazione a convegni su “fede e politica”, il tentativo di Martinazzoli (costruire un Partito popolare sulle ceneri della Dc) di cui oggi è troppo facile elencare i limiti, non poteva infatti bastare. Gorrieri fu il solo voto contrario tra i 500 che inumarono la Dc nell`aprile del 1993 e il primo motore del Movimento che aveva maturato la convinzione di dover e poter essere la «componente cristiano-sociale nello schieramento progressista». Una “cosa” bianco-rossa della quale – grazie alle carte ora all`archivio storico del Senato – si può ricostruire passo dopo passo, editoriale per editoriale, convegno per convegno, la parabola: la partecipazione da protagonisti nell`esperienza dell`Ulivo, il contributo alla costruzione dei Democratici di sinistra e poi del Partito democratico, in una azione resa feconda solo dal rapporto con Romano Prodi, che però non ne fece mai il suo partito. E pour cause.

Infatti, la storia dei cristiano-sociali, con un peso sindacale più forte all`inizio ed uno aclista alla fine, è ben rappresentata dalle lunghe liste di nomi che giustamente Carlo Felice Casula e Claudio Sardo ripetono più volte. La “panchina lunga” del cattolicesimo politico consente così di partire dalla prima leva di Ermanno Gorrieri e Pierre Carniti fino a quella di Mimmo Lucà e Giorgio Tonini; ma in mezzo ci sono Pietro Scoppola – soprattutto Scoppola, che Casula ricorda sdegnato a chi ha osato ometterne il nome ricostruendo il percorso del cattolicesimo che approda al Pd – e ancora Domenico Maselli, Paolo Cabras, Luigi Viviani, Luciano Guerzoni e i tanti “passanti” (ad es. Luigi Covatta, Dario Franceschini, Luigi Ciotti, Guido Formigoni) tutti collocati su quella “riva maledetta”, che è il lato sinistro del grande fiume del cattolicesimo politico e non.

Nel saggio finale Lucà definisce quello dei cristiano-sociali un tentativo coraggioso. E in effetti fu coraggioso resistere all`azione della Cei di Ruini e dell`Avvenire di Boffo volta a screditare, denigrare, tacitare una riserva di pensiero di cui oggi si sente la mancanza. E fu coraggioso pensarsi, nella piena autonomia ideologica, come partecipanti a una sinistra che curasse le piaghe dell`ineguaglianza e dell`ingiustizia. La scommessa era diventare decisivi o almeno utili in una società spaccata, tutto il contrario dei sogni dei partitini cattolici, per i quali la domanda che rodeva Gorrieri («Finirà tutto in chiacchiere?») non si pone neppure.

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