Ma davvero qualcuno pensa che si possa votare a cuor leggero il 24 di settembre o giù di lì?
E che con questa legge elettorale e le forze politiche che sono in campo, si possa poi costituire un governo in pochi giorni, per approvare la legge di stabilità ed evitare l’esercizio provvisorio e il conseguente “commissariamento” da parte della cosiddetta Troika (Commissione europea, BCE e FMI)? Sono davvero incredulo quando leggo espressioni del tipo “a che serve tirare a campare…, la legislatura è finita”.
Ma perchè bisogna votare con 6 mesi di anticipo sulla conclusione naturale della legislatura? Il Pd è al governo, non bisogna dimenticarlo, e dovrà rispondere agli elettori dei risultati raggiunti. Non sarebbe più utile usare al meglio i mesi che restano per fare qualcosa di importante in Parlamento e arricchire il bilancio di una legislatura avara e difficile? A partire dall’approvazione di leggi attese da anni e già licenziate da un ramo del Parlamento, in attesa dell’esame definitivo nell’altro (Testamento biologico, Codice antimafia, cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia, il processo penale, la tortura, il contrasto all’omofobia, il sostegno agli orfani di femminicidio). Per quale ragione dovremmo mettere a rischio un Paese che sta cercando da tempo di tirarsi fuori dalla palude del debito pubblico e della stagnazione, esporre la sua economia alla speculazione dei mercati, vanificare gli sforzi compiuti in questi anni dalla Bce per sostenere il rilancio della crescita?
Si può davvero pensare che un nuovo Governo del Presidente, (difficile pensare possa essere Renzi il Premier in quel caso) con una maggioranza del tutto aleatoria Pd-Forza Italia possa imprimere la svolta di cui ha bisogno il Paese per tornare a crescere, con nuove scelte capaci di riconciliare la stragrande maggioranza dei cittadini con la politica e le sue istituzioni?
Sarebbe in grado un governo di quel genere di arrestare la spirale distruttiva e inconcludente del populismo e della demagogia?
Fermiamoci finché siamo in tempo e prepariamo bene il futuro di cui l’Italia ha bisogno, aprendo dal basso il dialogo con i cittadini e con le forze migliori del lavoro, della cultura e della economia sociale. Parliamo dei programmi (pochi punti, ma chiari e sostenibili), delle alleanze (un rinnovato centrosinistra con forti venature civiche e sociali) e delle modalità innovative di selezione dei candidati (dove onestà, competenza e capacità di rappresentanza non risultino accessori di secondo piano). E, soprattutto, torniamo ad ascoltare quello che la gente vuole dirci e farci sapere, nei luoghi in cui vive, studia, lavora, o dove desidera incontrarci.
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