Ho deciso di votare Si al Referendum del 4 dicembre, nonostante il crescente fastidio per il clima irrespirabile e rissoso della campagna elettorale. Si sono dette e si ripetono ancora tante false verità sulla materia del contendere, da una parte e dall’altra. Ancora in questi giorni, per aggredire e contrastare i sostenitori delle tesi opposte alle proprie, si brandiscono argomenti faziosi e pretestuosi come una clava per colpire e abbattere l’avversario.
Penso alla presunta “deriva autoritaria”, paventata da molti sostenitori del No in caso di vittoria del Si, al “complotto dei poteri forti e delle mafie”, segnalato dall’ex magistrato Ingroia, al paragone dell’Italia di Renzi al Cile di Pinochet, evocato ancora in queste ore dalle farneticazioni di Grillo, o alla tesi del “crollo dei mercati finanziari”, della “esplosione dello Spread e della uscita dell’Italia dall’Euro”, nel caso di vittoria del No sostenuta dal Financial Time.
Io penso, più modestamente, che occorra guardare al merito della Riforma non meno che alle conseguenze del voto. Non si vota, infatti, in un’Aula dell’Università, al termine di una lezione sulla Costituzione “violata”. Si vota in un contesto sociale, economico e istituzionale molto delicato, in un Paese indebolito da una ripresa economica ancora troppo lenta, da un enorme debito pubblico, dalla sofferenza di una larga parte della popolazione colpita e impoverita da una recessione senza fine, da istituzioni spesso screditate e incapaci sia di rappresentare il nuovo disagio, sia di prendere decisioni credibili ed efficaci. L’Europa è scossa dalle minacce del populismo e dal vento regressivo di una destra xenofoba e razzista che estende la sua presa su fasce crescenti dell’elettorato. Il “terremoto” provocato dell’avvento di Trump alla presidenza degli Stati Uniti non tarderà a riversare i suoi effetti negativi sulle già fragili condizioni del nostro Continente. In questo quadro, occorre riflettere con grande senso di responsabilità circa i possibili effetti di un successo del No sulla stabilità e sulla tenuta dell’azione di Governo. Chi si intesterebbe la vittoria del No? Dove porterebbero l’Italia Salvini, Grillo e Berlusconi, il giorno dopo? Con quale legge elettorale si tornerebbe a votare per Camera e Senato e per quale prospettiva di governo?
Rendere consapevoli gli elettori del destino del proprio voto, credo sia una responsabilità cui nessuno possa sottrarsi, anche tenendo conto del fallimento di ogni pur serio tentativo di riforma realizzato negli ultimi trent’anni.
I contenuti della Riforma. Non sono convinto che sia stato approvato il testo migliore possibile, che sia stato fatto tutto ciò che si poteva per allargare il consenso e accogliere i buoni consigli di costituzionalisti di valore e di parti politiche responsabili. L’arroganza e la incapacità di ascolto hanno prevalso in troppe circostanze. Ma il confronto e il contributo di molti critici della stesura originaria della riforma, hanno portato ad un testo finale accettabile, migliorabile certo, ma io credo si sia prodotta una normativa migliore di quella che abbiamo adesso, e non credo che con il successo dei No si ripresenterebbe a breve l’occasione per fare meglio. Tutto resterebbe com’è. Un’occasione perduta.
L’accordo siglato nel Pd e firmato dalla minoranza di Cuperlo ha creato, inoltre, le condizioni per una forte correzione della stessa legge elettorale.
Il bicameralismo paritario subisce un radicale ridimensionamento, a beneficio di un processo legislativo che potrà diventare più rapido e qualificato;
la distinzione dei poteri e delle funzioni tra lo Stato e le Regioni è meglio specificata e definita;
la fiducia al Governo viene votata solo dalla Camera dei Deputati, evitando così il rischio di maggioranze diverse e contrastanti tra le due Assemblee parlamentari;
si ampliano le possibilità dei cittadini di influenzare direttamente l’approvazione delle leggi, con l’obbligatorietà di esaminare le proposte di iniziativa popolare e l’abbassamento del quorum per i referendum;
si sopprime il Cnel e si riducono, anche se in misura non iperbolica, i costi eccessivi di istituzioni obsolete;
si trasforma il Senato in una Camera delle autonomie territoriali, come nella gran parte delle democrazie occidentali.
Queste sono le ragioni per cui voterò Si il 4 dicembre, nel massimo rispetto delle ragioni che porteranno invece altri elettori a votare No.
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