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Credenti con tanta fede… nella sinistra

di Stefano Rizzi – lo Spiffero, domenica 12 gennaio 2020

La parabola dei cristiano-sociali nelle parole di uno dei principali protagonisti: l’ex segretario Acli e parlamentare Mimmo Lucà. Le radici catto-comuniste e la speranza disincantata verso il Pd “nuovo” di Zingaretti. Un libro e un incontro

“Da cattolico la speranza non l’ho smarrita”. Neppure quella, che rasenta l’illusione, di vedere il Partito Democratico non solo cambiare il nome come ipotizza Nicola Zingaretti annunciando un partito nuovo senza fare un nuovo partito, ma liberarsi una volta per tutte di quel carico di “correnti ormai casematte” diventando soggetto di rappresentanza “di idee e non di filiere”, recuperando “quell’ancoraggio alla realtà della società diventato sempre più fragile”.

Affidarsi alla speranza del credente, per Mimmo Lucà, è anche frutto della consapevolezza di un mancato completamento di un disegno incominciato con la fondazione del Pd (e prima ancora), ma anche di un assunto che riguarda proprio i cattolici e la politica: “Costituire partito di cattolici, idea vecchia come il mondo, non funziona più. Il partito dei cattolici in Italia è il Pd, è lì dentro che si gioca la sfida non certo facendo un ennesimo partito neoconfessionale. La questione si risolve se il Pd assume questi contenuti attraverso un rapporto più diluito nella società italiana e facendosi sollecitare da realtà, piccoli gruppi che vivono le buone pratiche della solidarietà, della sostenibilità del creato, di cui assumere le istanze”.

È solo una coincidenza, ma proprio nei giorni in cui il segretario del partito sempre descritto come erede o frutto di una fusione a freddo di Ds e Margherita con sullo sfondo il quadro con i progenitori comunisti e democristiani, esce un saggio in cui Lucà – cinque volte parlamentare sempre eletto in provincia di Torino, giù vicepresidente nazionale delle Acli, membro della Direzione Nazionale del Ds e tra i fondatori dell’Ulivo – insieme a Claudio Sardo e Carlo Felice Casula ripercorree analizza l’esperienza di uno dei soggetti minori che diedero vita al Partito Democratico, ma che affonda ben le sue radici in quel periodo cruciale per la sinistra (e non solo) che furono gli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta.

È la storia dei Cristiano Sociali, il movimento fondato tra gli altri da Pierre Carniti ed Ermanno Gorrieri, quella raccontata, analizzata e testimoniata nel volume Da credenti nella sinistra (Il Mulino) che domani alle 17 Lucà presenterà a Torino a Binaria in via Sestriere 34, in un dibattito condotto da Valentino Castellani cui parteciperanno insieme all’autore, don Luigi Ciotti, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis e il vicepresidente delle Acli Emiliano Manfredonia.

Forza numericamente sempre piuttosto limitata, i Cristiano Sociali sono comunque stati attori di rilievo in quei vent’anni in cui, ineguagliati anche in futuro, hanno rappresentato l’unico esempio di soggetto politico esplicitamente cattolico a schierarsi apertamente a sinistra. Con antenati illustri quei cattocomunisti che con Franco Rodano, Adriano Ossicini e Tonino Tatò ruppero l’unità politica dei credenti italiani.

Fonte battesimale la Barbiana di don Lorenzo Milani, crescita in quei corpi intermedi assai più forti e diversi dagli attuali – in primis la Cisl, le Acli, l’Azione Cattolica, l’Agesci e altre associazioni – e nell’ispirazione dei dialoghi tra monsignor Luigi Bettazzi ed Enrico Berlinguer, con una parabola che terminerà nel 2017, dieci anni giusti dalla nascita del Pd, con in mezzo il fortissimo attrito, scontro diciamolo, con il Cardinale Camillo Ruini, al vertice di una Ceiche contro i Cristiano Sociali aveva mosso anche l’Avvenire con editoriali durissimi.

Una storia lunga vent’anni, ma in realtà ancora di più andando indietro nel tempo, quella del movimento che nasce nel ’93 (anche) come reazione alla scelta di Mino Martinazzolidi fondare il Ppi immaginandone un posizionamento centrista alle elezioni anticipate. Con Silvio Berlusconi pronto alla discesa in campo c’è la componente cattolica del Ccd diPierferdinando Casini e Clemente Mastella, a sua volta frutto di uno strappo con Martinazzoli. Gorrieri e Carniti fondano i Cristiano Sociali per dare una rappresentanza ai cattolici a sinistra e per dire alla sinistra che non può fare a meno dell’esperienza sociale dei cattolici.

Lucà ricorda e rimarca che “a compiere questa operazione non sono singoli gruppetti di cattolici del dissenso: sono gruppi dirigenti di organizzazioni storiche della sinistra sociale cristiana, la Cisl con Carniti Franco Bentivogli, Rino Caviglioli, pezzi dirigenti dell’Azione Cattolica, delle Acli. È una parte della classe dirigente dell’associazionismo di matrice cristiana che si pone un problema di rappresentanza politica, sia dal punto di vista dei contenuti storici e della classe dirigente”. C’era bisogno di “legittimare e dare senso alla presenza organizzata di una componente cristiana nella sinistra italiana e dare evidenza nel programma di quella sinistra delle politiche sociali”. L’ex parlamentare torinese ammette che se “il primo obiettivo sicuramente è stato raggiunto, sul secondo la questione è tuttora aperta: la sinistra negli ultimi trent’anni in cui ha avuto grandi opportunità, ma ha sottovalutato il tema sociale”.

Il primo ingresso dei cattolici che non sia limitato a indipendenti nelle liste e nei ranghi del partito della sinistra post-comunista è, indiscutibilmente, un primato mai più replicato. Non sarà sempre facile. Come scrive Lucà, “L’enfasi identitaria rilanciò inopinatamente anche il conflitto laici-cattolici. E ciò indusse i Ds, nella formazione delle liste e nei contenuti della campagna elettorale del 2006, a preoccuparsi più di tamponare la possibile competizione della Rosa nel pugno verso l’elettorato socialista e libertario che di esprimere e rappresentare i vasti mondi della solidarietà e, in esse, l’area non marginale del cattolicesimo sociale. Queste tendenze finirono per rendere molto più scomoda la posizione dei Cristiano sociali”.

Un ventennio che si concluderà a dieci anni dalla fondazione del Pd con “una chiusura razionale, seppur sofferta. La missione era compiuta. Abbiamo pensato che non avesse più senso una rappresentanza nel Pd in base a una radice religiosa. Alle origini, contestualizzando questa decisione, non era scontato e plausibile nel mondo cattolico l’idea di una presenza di cattolici organizzati nel partito della sinistra. C’erano stati gli indipendenti, ma questo è il primo caso di una componente organizzata di cattolici, per meglio dire cristiani visto che c’era anche un valdese come Domenico Maselli, nella sinistra italiana in divenire”.

Missione compiuta, ma solo in parte. È vero che “il mondo dell’associazionismo rispetto ad allora è molto cambiato: una parte si è ridefinita in ragione di una missione molto di servizio di welfare di comunità, non più critica, per non parlare di cos’è diventata la Cisl …”. E poi sempre, incombente, la figura di Ruini. “Il ruinismo ha tarpato la crescita di quello che Romano Prodi ha definito un laicato adulto che, a quel punto, ha pensato di delegare la rappresentanza politica al presidente della Cei”.

Cattolici lontanissimi, non da oggi, dall’idea di tradurre l’impegno politico nella costruzione di un partito cattolico, sempre e con nettezza schierati a sinistra – da non confondere con la sinistra democristiana che diede corpo alla Margherita – i Cristiano Sociali con uno dei protagonisti della loro storia dicono che “l’idea di un partito plurale resta con tutta la sua grandezza e la sua rilevanza. Quello di un partito che sia in grado di rappresentare dal punto di vista anche culturale e non solo sociale una grande parte della dimensione popolare di questo Paese è un tema di grande attualità”.

Per Lucà, sempre molto vicino a Piero Fassino in quella geografia delle correnti che esistono e resistono a dispetto di propositi ed enunciati, guardare al Pd (o come si chiamerà) per intravvedere un reale cambiamento presuppone immaginare un partito diverso da quello “in cui non prevalso il pluralismo delle idee, ma quello delle correnti diventate casematte, in cui non sono rappresentate idee ma filiere”. L’apprezzamento che, spiega, ha per Zingaretti, “la sua buona fede, il suo coraggio,”, forse non basta. “Siamo di fronte a una sinistra che ha passato gli ultimi venticinque anni a occuparsi di diritti civili, con buoni risultati, assumendo la cultura e le istanze dell’individuo piuttosto che delle comunità. Se ti occupi eccessivamente dell’individuo e poco della sua appartenenza di comunità, il tuo progetto politico ne risente. Per cambiare ci vuole coraggio: sei stato eletto con le primarie devi sbaraccare le dinamiche delle correnti. Se ti lasci impelagare non ne vieni più fuori”.

L’entusiasmo per l’I care di Walter Veltroni e la delusione per “quel partito di individui mentre noi lo avevamo teorizzato come quello dei corpi sociali”, la chiara realtà delle correnti e il sogno “di un partito che si sappia aprire a gruppi, a idee, alle stesse Sardine, ma che non può pensare di farlo senza costruire le condizioni, aspettando che vengano a iscriversi”.

Una storia lunga vent’anni, quella dei Cristiano Sociali, e un’amara constatazione: “Resta, purtroppo, in buona parte incompiuto il secondo importante obiettivo delle origini, caro a Gorrieri, a Carniti e a tutti noi, di portare al centro del progetto della sinistra italiana le politiche sociali e le connesse esigenze di redistribuzione delle risorse a favore della povera gente”.

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